10 Dicembre, 2019
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PRIULI, Lorenzo - Testamento

1599 luglio 5, Venezia

Lorenzo Priuli, cardinale, infermo nel letto, ma sano di mente, incarica il suo cancelliere Lorenzo Priori di redigere materialmente, in sua vece, il proprio testamento, raccomandando anzitutto la sua anima a Dio e annullando ogni precedente disposizione in merito. Nomina commissari del suo lascito la madre ed i fratelli Alvise e Zaccaria e dopo di loro i rispettivi figli nella linea maschile; incarica i due sunnominati fratelli, suoi esecutori testamentari, di dare seguito alle sue ultime volontà, in merito alla risoluzione dei debiti contratti durante la gestione del Patriarcato, alla sepoltura del suo corpo e ai rispettivi lasciti. Stabilisce che dopo la sua morte si dovranno celebrare nell’arco di un mese cinquecento messe negli altari privilegiati della città <di Venezia> ed altre cento nella chiesa di San Pietro di Castello, in occasione dell’ottavario, con l’elemosina di almeno venti soldi per messa; lascia cinquecento ducati una tantum da distribuire a scelta dei suoi commissari in elemosine ai poveri, soprattutto a quelli della contrada Castello, ai luoghi pii e ai monasteri della città; dispone che della somma di ottocento ducati, duecento siano dati al suo maggiordomo il prete Antonio «Avramo» per il maritaggio della sorella, non avendo mai percepito il suo salario, e gli altri divisi equamente fra tutti gli eredi a rate entro tre anni, avendo cura di versare la quota annuale dapprima ai più bisognosi; lascia cento ducati al suo vicario Giovanni Mocenigo («Mozanega»), pregandolo di acquietarsi circa la pretesa dei cinquanta ducati fatta dal patriarca suo predecessore a monsignor Desiderio Guidoni, vicario di San Bartolomeo, per conto delle nuove fabbriche fatte a Rialto; a monsignor Giovanni Priuli, suo fratello germano, un anello a sua scelta, del valore di cinquanta ducati; ai nipoti Marco, Polo e Alvise lo studio e tutta la quadreria da dividersi in parti uguali, non prima però che il sunnominato fratello Alvise si sarà scelta a piacere la sua porzione di detti beni; la sagrestia alla chiesa di San Pietro di Castello, facendo presente però che alcuni paramenti sono stati «disfatti» ed alcuni argenti ridotti «in altra forma»; circa il suo corpo stabilisce che venga sepolto nella suddetta chiesa, in una cassa di legno coperta da un panno rosso, laddove dovrà essere fabbricata nel più breve tempo possibile una cappella intitolata a san Cipriano dirimpetto a quella intitolata a san Lorenzo, per la cui realizzazione non dovrà essere superata la spesa di duemila ducati, tenendo presente che metterà a disposizione tutte le «pietre vive» e i «marmori» che si trovano nel Patriarcato; tale cappella dovrà essere dotata del suo secchiello d’argento con i due asperges ed il rocchetto, già appartenuto al patriarca di Treviso, e che ora servirà al suo successore; rimarranno invece in caso i candelieri d’argento, i boccali, il bacile e gli arazzi; lascia inoltre una «mansionarìa» perpetua di ottanta ducati l’anno per una messa da celebrarsi quotidianamente pro anima sua presso l’altare di san Cipriano, al termine della quale il sacerdote dovrà recitare la preghiera – così come scritta nel presente testamento – e benedire il sepolcro; nel frattempo che in detta chiesa di San Pietro di Castello si costruisca la cappella; la messa, almeno alla metà di ogni mese, si celebrerà nell’altare del Santissimo Sacramento; si avrà cura di scrivere su una apposita tabella l’obbligo per il sacerdote, così come sopra descritto, e la relativa preghiera; lascia infine altre disposizioni circa le messe da celebrare presso l’altare della sua cappella; cinquecento ducati per maritare o monacare le nipoti che sono in casa. Dispone infine che oltre a tutto quello che ha lasciato alla sua famiglia si provveda a pagare i salari, secondo quanto dovuto, per cui ha già disposto la spedizione a Roma delle ricevute delle pensioni; e che in caso di mancamento dei sunnominati commissari provvedano ad eseguire quanto stabilito i patriarchi pro tempore e l’arcidiacono della cattedrale.


Originale [A], Archivio di Stato di Venezia, Notarile, Testamenti, not. Galeazzo Secco, b. 1192, fasc. 447 (non cartulato).

È autografa la sottoscrizione del cardinale.


testo originale []

Essendo io Lorenzo cardinale Priuli infermo nel letto, | se ben sanno della mente, et volendo fare il mio testamento | di propria mano, né potendo per la mia indispositione, | ho voluto che supplisca per me m(esser) Lorenzo Priori, mio | cancelliero, volendo che detta scrittura, testamento o cedula testamentaria habbia la medesima forza, | come fusse fatta per mano mia propria.
Primo: raccomando alla santissima Trinità, Padre, Figlio | et Spirito Santo uno vero et solo Iddio l'anima | mia, accioché conforme alla sua infinita miseri|cordia si degni di riceverla nel numero d'i suoi | elletti, non riguardando ai miei gravi demeriti, | ma al preciosissimo sangue dell'unigenito suo figliolo | Giesù Christo signor nostro.
Secondo: casso et annullo ogn'altro testamento o ce|dula testamentaria che havessi fatto fino al giorno | presente in tutte et in cadauna sua parte, né | voglio, che habbia alcun valore, come che fatta non | fusse.
Terzo: miei commissarii lasso la clarissima mia madre et li clarissimi m(esser) Alvise et m(esser) Zaccaria, miei fratelli, et dopo | loro li figlioli di detti miei fratelli maschi.
Quarto: miei heredi universali lascio li detti miei fratelli | et li prego dar essecutione alli lassi contenuti in detto | testamento; tutto che per li debiti che ho contratto | nel tempo del mio Patriarcato et particolarmente dopo | ch'io son fatto cardinale et per le molte pretensioni che | può haver la casa contra la picciola mia porcione | nei beni paterni et per le poche et povere spoglie che ritro|veranno nel Patriarcato al tempo della mia morte; | con tutto dico che per tutti li suddetti rispetti l'heredità | mia rigorosamente parlando non fusse atta al pagamento di detti lassi.
Quinto: al tempo della mia morte li detti miei heredi | saranno contenti di far dir in tempo di un mese, | alla più lunga, cinquecento messe per l'anima mia | alli altari privileggiati della città; oltra altre | cento messe si doverano dire nella chiesa di San Piero | di Castello dentro l'ottava della mia morte con | l'elemosina de soldi vinti almanco per ogni messa.
Sesto: lasso per elemosina da distribuirsi ai poveri et a | luoghi pii et monasterii della città a elettione dei miei | commissarii ducati cinquecento, per una volta tanto, et | li prego a far questa destributtione quanto prima; et non | potendo subito de tutti, almeno d'una parte, tantoché | in capo de sei mesi siano tutti destribuiti; et li racco|mando in particolare li poveri miserabili della contrada | di Castello a quali haverò caro che ne sia fatta una buona | parte di detta elemosina.
Settimo: lasso a distribuire alla mia famiglia, secondo il giudicio | et descrittione de detti miei commissarii, ducati ottocento, dei | quali prima voglio che siano dati a prete Antonio Avramo maggior|domo ducati dusento per il maritare di sua sorella, non | havendo lui voluto mai sallario da me; gl'altri siano | divisi fra il resto della mia famiglia a beneplacito, | come di sopra; avvertendo però nella destributione | premiar ogn'uno conforme alla sua povertà, bisogno | et servicio che mi hanno prestato; et il pagamento di detti | danari voglio che habbino detti miei heredi di farlo in | anni tre, ogn'anno la ratta, pagando però sempre i più poveri et bisognosi.
Ottavo: lasso per segno d'amorevolezza al signor Zuanne Moza|nega mio vicario ducati cento et lo prego ad aquietarsi | di quelle pretensioni che lui può haver contra di me | per li cinquanta ducati all'anno che furono promessi dal patriarca Trevisano mio precessore a m(esser) Desiderio Guidoni, vicario di San Bortholamio, per conto delle | nuove fabriche fatte a Realto; non intendo però pre|iudicarlo in alcun conto alle sue pretensioni che per | detto conto potesse havere contra li miei successori.
Nono: lasso a m(esser) Zuanne Priuli mio germano un annello | a sua elettione de precio de ducati cinquanta et | a miei nepoti Marco, Polo et Alvise lasso tutto il mio | studio et tutti li miei quadri da esser divisi fra loro con|forme la voluntà di suo padre, potendosi però m(esser) Alvise | mio fratello eleggere prima quella porcione di dette cose che li parerà.
Decimo: lasso tutta la mia sagrestia alla chiesa di San Piero | di Castello et perché sono stati disfatti alcuni paramenti | et alcuni pochi argenti per ridurli in altra forma; talmenteché | non si troveranno confrontare li inventarii vecchi, voglio | che non sia data alcuna molestia a’ miei capellani di quello | che mancasse, ma sia tenuto per reale tutto quello che | deponeranno con loro giuramento d'haver fatto, sopradiché | anco si starà al detto di prete Antonio Avramo maestro di casa.
Undecimo: voglio che il mio corpo sia depositato in San Piero di | Castello in una cassa di legno coperta di panno rosso, in qual | luoco che parerà ad essi miei commissarii; et sia fabricata | in detta chiesa una capella al nome di san Cipriano in quel più | breve spacio di tempo sia possibile all'incontro della capella | del beato Lorenzo su quella forma et grandezza, ma con | quelli lavori che pareranno ad essi miei commissarii; et | donno et consacro a detta capella tutte le pietre vive et | marmori che si trovano in Patriarcato, il resto suppli|ranno con danari li detti miei heredi, essortandoli a non | passar la summa de ducati doimille; et fatta detta capella | vi metteranno il mio corpo, facendo la sepoltura o piana | in terra overo nella fazzada della capella, all'|incontro dell'altare con quella breve et devota inscrittione che saranno consigliati.
Duodecimo: lasso una mansionarìa perpetua de ducati ottanta | all'anno di una messa quottidiana da esser celebrata al | detto altare di san Cipriano in chiesa di San Piero di Castello, | per beneficio dell'anima mia da esser pagata dalli miei | heredi; il quale sacerdote habbia da dir la messa de | deffonti sempre che potrà et quando non potrà dirla | almanco dica la commemoratione pro defunctis, applicandola sempre a beneficio dell'anima mia et sempre | dopo la messa dica l'oratione qui sottoscritta con fare | l'asperges alla mia sepoltura; et se li miei heredi volessero | far dir la mettà di dette messe in altra chiesa, per loro | commodità, et anco fuori della città, voglio però che le possino | far dir al detto sacerdote che haverà la mansionarìa, | overo ad altri quando lui non potesse, potendo a bene|placito loro muttare il detto sacerdote. Avvertendo però | che a Castello al detto altare ogni mese sia celebrata | almeno la mettà di dette messe; et in tanto che si fabrica | detto altare et capella se celebri all'altar del Santissimo Sacramento.
L'oratione che haverà da dire il sacerdote ogni giorno | dopo la messa, anco le dominiche et feste dopie, sarà | un Miserere, un De profundis, con la seguente oratione | et poi aspersione dell'acqua benedetta: | «Absolve quesumus Domine animam famuli tui Laurentii patriarchae | ut defunctus seculo tibi vivat et que per fragilitatem carnis | humana conversatione comisit tu venia misericordiosissimae | pietatis tuae(a) absterge per dominum nostrum Iesum Christum».
Si debba a detta capella tenir una tavoletta inchiodata, dove sia descritta la detta oratione et l'obligo di detto sacerdote.
Decimoterzo: lasso altri ducati vinti d'entrata all'anno | in perpetuo da esser dispensati in elemosine et cere | per fare gl'infrascritti officii al detto altare cioè: | il giorno della sollennità de tutti i morti siano compri quattro | torzi per far arder sopra detta mia sepoltura, così quel giorno | come un altro dopo, dove sia fatto l'essequio con la messa | in terzo cantata dal Capitolo et preti della chiesa di Castello | con doi ducati d'elemosina a detto Capitulo; il giorno poi | annuale di detta morte sia cantata una messa a detto altare | et dette cinquanta messe in detta chiesa ogn'anno con quell'|elemosina a quelli che celebreranno le messe, Capitolo et | preti di Castello che saranno presenti alla messa grande, che | parerà a detti miei commissarii, comprando anco | quelle cere che saranno necessarie, talmente che tutto il | restante de detti ducati vinti sia destribuito in quel | giorno, come di sopra. Pregando li miei heredi di ritro|varsi presenti alcuni di loro a dette devotioni et pregare | Dio per l'anima mia; et sì come li detti miei heredi saranno | ubligati alla costruttione di detta capella, così voglio anco | che siano ubligati alla conservatione di essa.
Decimoquarto: per il maritar o monacar di mie nezze che sono | in casa lasso per segno d'amorevolezza ducati cinquecento per | una, premendomi grandemente il non haver modo di lasciargli | più.
Decimoquinto: oltra quanto ho lasciato alla mia famiglia, | voglio che tutti siano pagati delli suoi sallarii che restassero | haver, mettendogli però a conto li danari che ho fatto pagar | per loro a Roma per espedittione delle bolle delle | loro pensioni.
Decimosesto: nella mia capella s'include il mio sechiello | d'arzento con li due asperges, non candellieri d'arzento, | non boccali, né bacil, né razzi, perché tutto è di casa. Mede|simamente s'include un rochetto che prima era camiso del | patriarca Trivisano et servrirà al mio successore.
Decimosettimo: in caso di mancamento de miei commissarii, voglio | che li reverendissimi patriarchi per tempo et archiadono(b) della chiesa | catredhale siano deputati essecutori de detto testamento et | habbino authorità tanto uniti quanto separati per fargli | dare la sua essecutione.
Il sopradetto testamento o cedula testamentaria fu scritta da me | Lorenzo Priori cancelliero di ordine dell'illustrissimo et reverendissimo signor cardinale | sopradetto, dittandolo a parola per parola sua signoria illustrissima in questo | giorno luni cinque luglio 1599, stando in letto sua signoria illustrissima nella | camera sua solita sopra l'horto patriarcale, al quale anco | fu relletto.
[Ita] esse affirmo ego Lorentius cardinalis Priulus et | [vo]lo et dispono, manu propria me subscripsi | [et] sigillo meo signavi.


(a) tuae in interlineo con segno di richiamo. (b) Così nel testo, s’intenda archidiacono