1535 novembre 25, Padova
Pietro Bembo, cardinale, essendo «avvenute alcune cose», sano di mente, ottenuta da Leone X la relativa licenza con breve del 3 aprile 1521, raccomanda l’anima a Dio e stabilisce di fare un ulteriore testamento, peraltro confermato da Paolo III, annullando i due precedenti, il primo dei quali risale a undici anni addietro. Circa la sua personale sepoltura non ordina nulla, a meno che prima non disponga il contrario; vuole però che per il corpo di Morosina, madre dei suoi figli, morta il mese di agosto del corrente anno, già tumulato nella chiesa di San Bartolomeo a Padova, si costruisca una tomba nella chiesa suddetta o congiunta al muro di questa – così come meglio giudicheranno i suoi commissari – per cui fissa una spesa non inferiore a duecento ducati. Lascia in dote a tre donzelle da maritare cento ducati d’oro ciascuna; ordina che siano dati a messer Giovanni Matteo Bembo suo nipote i cinquecento ducati già promessigli per il contratto delle sue nozze e all’altro nipote messer Bernardino Bellegno la parte mancante di quanto concessogli in conto di dote sui frutti ricavati dai cinque campi e mezzo della «villa» di Arquà, a meno che in entrambi i casi lui stesso non lo abbia fatto nel frattempo; non lascia niente a Marcella e Maria figlie della sorella Antonia e mogli dei sunnominati nipoti, avendo loro già provveduto, come pure per l’altra loro sorella Giulia ora morta, in occasione dei rispettivi matrimoni; lascia a messer Trifone
Originale [A], Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Testamento originale e lettere autografe del cardinale Pietro Bembo, It. XI, n. 25 (= 6671), cc. 1r-v (mano moderna).
Trascrizione integrale: V. Cian, Un decennio della vita di M. Pietro Bembo (1521-1531). Appunti biografici e saggio di studi sul Bembo con appendice di documenti inediti, Torino, Loescher, 1885, pp. 201-202.
La necessità di redigere un ulteriore testamento dopo i primi due – l’ultimo dei quali risalente a undici anni prima –, fu evidentemente dettata dalla nascita dei suoi tre figli avuti da Faustina Morosina della Torre: Lucilio, nato nel 1523 e mai menzionato, Torquato nato nel 1525 ed Elena nata nel 1528 (cfr. C. Dionisotti, Bembo, Pietro, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 8, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1966, p. 141).
testo originale
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c. 1r Perciò che dapoi che io, già sono passati undici anni, feci un testamento qui in Padova, alcune | cose sono avvenute per le quali fa bisogno che io muti la forma di quel testamento; ho col nome | di Dio deliberato, hora che sano mi trovo essere, farne un altro che habbia ad esser testimonio | de la mia volontà, però annullando io in tutto quel testamento et anchora un altro che io più | adietro havea fatto et vani amendue rendendogli, come se fatti non fossero, fo et ordino | questo che qui seguirà. Et prima al suo creator Dio raccomando supplice et devoto la mia | anima, quanto più so et voglio ringratiandolo de i suoi doni a me concessi per sua grande | cortesia di sessanta et cinque anni che io vivuto sono et di molti altri beneficii et gratie da | Lui havute per tutto il corso et tempo della mia vita, con tutto il mio chore, pentendomi di quanto | ho mai vivendo offesa la Sua maesta et chiedendogli humilemente perdono. Da poi lascio che | siano ad honor di Lui maritate del mio tre donzelle nate di buon padre et di buona madre | alle quali siano dati ducati cento d’oro in dote a ciascuna. Quanto alla mia sepoltura, si come | cosa di poco momento, niente ordino lasciandola al giudicio et dispositione de chi le cose mie | governerà, se io avanti la mia morte ordinata non l'haverò. Ben voglio che sia fatta una se|poltura al corpo della Morosina, madre dei miei figliuoli, la quale questo agosto prossimamente | passato si morì, nela chiesia di San Bartholomeo di Padova dove ella è per tempo sepulta, o | fuori della chiesia congiunta col muro de essa chiesia, sì come parerà alli miei commis|sarii. Ne la qual sepoltura voglio si spendano ducati ducento et non meno. A messer Zuan | Matheo Bembo mio nepote lascio che siano pagati li ducati cinquecento che io promisi | nel contratto dele sue nozze di pagarli con mia commodità, se io non glie li haverò avanti | la mia morte pagati, ponendo tuttavia a quel conto alcuni denari che esso ha da me avuti, | sì come si vedeva per conto di mia mano che ne ho fatto. | A messer Bernardin Belegno, parimente | mio nepote, lascio che sia pagato quello che de li cinque campi et mezzo che io li diedi nela | villa de Arquà, per conto de la sua dote, se trovasse che i fossero di meno, fatta tuttavia prima | buona diligentia di recuperarli da chiunque li havesse usurpati, se pure io in questo satisfatto | non l'haverò. A Marcella et a Maria figliuole che furono di Madonna Antonia mia sorella | et loro mogli, non lascio alcuna cosa, benché io come figliuole mie le | ami, parendomi haver loro assai lasciato, havendole maritate con grande interesse della | mia quiete et dele mie fortune acquistate da me con le fatiche di molti anni. Né solamente | ho lor due maritate, ma Iulia loro sorella anchora che si morì(a). A messer Triphon Gabriele, il quale io ho sempre molto amato, | voglio che sia dato della mia heredità ogni anno ducati vinti d'oro, mentre egli viverà. Alli | miei servitori tutti voglio sia donato alcuna cosa, secondo il merito loro et secondo a messer Cola | parerà; et specialmente a Rambottino per la lunga fede et servitù sua, al qual sia donato al|meno ducati sessanta, se io non gli haverò in vita mia donato maggior cosa. Ad Helena | mia figliuola lascio che siano dati al tempo del suo maritare ducati d'oro cinquemilia in dote. | c. 1v Et se ella non volesse marito, ma elegesse farsi monacha, a la qual cosa non la consi|glio, voglio che le sia dati ducati cinquecento per lo suo poter monachar più commodamente. | Di tutto il residuo dei miei beni mobili et stabili di qualunque sorte et qualità, presenti et fu|turi et de le rason et action che in alcun tempo aspettar mi potessero, lascio mio herede uni|versale Torquato mio figliuolo, con questa conditione che morendo esso senza figliuoli | o descendenti, voglio che i detti miei beni tutti et la mia heredità vada a l'Helena mia figliuola | et sua sorella la quale io ho a messer Pietro Gradenico maritata(b). Et se avenisse che ella(c) | morisse senza figliuoli o descendenti, vada la mia heredità tutta a le sopradette mie | nezze Marcella et Maria equalmente et ai loro figliuoli o descendenti in stirpes et | non in capita; con questa conditione che se per esse o per i loro mariti o figliuoli o | descendenti sarà mai in alcun tempo mossa lite ad alcuno de li miei heredi o legatarii con|tra la forma di parte alcuna di questo mio testamento, voglio che elle o suoi heredi | non possano mai per alcuna conditione havere alcuna cosa del mio, ma tutto vada | per l'anima mia al monasterio di San Salvator di Venetia. Et così sia terminato per | qualunque magistrato che ne havesse a far giudicio et darne sententia. Lascio ultimamente | miei commissarii et tutori et curatori de miei figliuoli et della mia facultà li reverendi | monsignor messer Gabriele Boldu canonico di Padova, et messer Cola Bruno Nico(d), ai quali raccomando | tutte le cose mie, rendendomi certo che essi ne haveranno quella cura che a l'amor che io | lor porto et a la nostra antica benivolentia si conviene. Et priego messer Cola a non si partir | di casa mia, ma a starsi con li detti miei figliuoli così il rimanente delli suoi anni, come | esso è stato meco la miglior parte della sua vita. Ben lo priego a non tener Iulio Bolognese | ne la casa dove i miei figliuoli cresceranno et dimoreranno. Anzi voglio et così ordino che | in nessun tempo dopo la mia morte Iulio possa stare in casa mia. Raccomando oltre acciò | a messer Cola i miei scritti et componimenti et latini et volgari et greci, dandogli piena libertà | di publicar quelli di loro che ad esso parerà che siano da publicare, pregandolo ad haver cura | che escano emendati et fedelmente. Ho testato liberamente, sì come ho licentia da la felice recordazione di | papa Lion .X.mo signor mio, datami per un brieve in Roma scritto alli tre d'aprile millecin|quecentoventuno il nono anno del suo pontificato et confirmato per la santità di nostro signor papa Paulo terzo mio patrone et signore si come appare(e).
Io Pietro cardinal Bembo(f) ho | fatto et scritto di mia mano questo mio testamento et fatto mio herede universale Torquato | mio figliuolo, ut supra. Quod quidem volo esse meum testamentum et dispositionem et ordinatio|nem bonorum meorum. Quae ordinatio si, quod absit, valere non posset iure testamenti, valeat | iure codicillorum sive iure donationis causa mortis, sive iure cuiuslibet alterius ul|timae voluntatis.
Patavii die .XXV. mensis novembris millesimo quingentesimo trigesimo|quinto.
(a) Segue depennato per la quale ultimamente ho | pagato in più d'una volta ducati circa ducento settanta a messer Marco Antonio Longo che fu suo | marito per resto dela sua dote. (b) la quale io ho a m(esser) Pietro Gradenico maritata in interlineo con segno di richiamo. (c) Segue depennato avanti il suo maritare o anchora dopo maritata (d) Lettura dubbia. (e) et confirmato –in calce con segno di richiamo. (f) Segue depennato prior di Ungheria.