10 Dicembre, 2019
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MOROSINI, Gianfrancesco - Testamento

1595 gennaio 12, <Brescia>

Giovanni Francesco Morosini, vescovo <Brescia>, conscio della necessità di sistemare ciò che concerne la fine della vita, memore altresì delle ultime parole del Signore rivolte al Padre: «In manus tuas <Domine> commendo spiritum meum», (Luca, 23, 46), stabilisce di fare testamento. Circa la sepoltura dispone che il suo corpo venga tumulato nella chiesa cattedrale <di Brescia> nella «rotonda verso il coro» e che si celebrino molte messe in suo suffragio negli altari privilegiati della città; lascia i suoi beni laicali ai suoi fratelli Agostino ed Alvise, con la clausola che dopo la morte di Agostino privo di moglie e figli, tali beni passino ai figli del suddetto Alvise; alle due sorelle trecento ducati veneziani ciascuna da ricavare dalle entrate dei beni laicali: beni che non debbono essere né venduti, tantomeno alienati, ma restare sempre della famiglia Morosini; dispone di restituire all’abate Zeno suo nipote i quattro cavalli da cocchio che gli ha prestato, come pure sia restituita al suddetto Alvise una tovaglia, eredità di messere Andrea Drezo, donatagli dallo stesso Alvise; lascia eredi del guardaroba, della biancheria, degli argenti e dei crediti tutti i poveri, se non dopo aver saldato i suoi debiti che verranno soddisfatti vendendo tutte le suppellettili, delle quali si farà un inventario: cinquemila ducati veneziani alla Signoria di Venezia, altri duemila ai Balbiani – prestatigli rispettivamente quando divenne cardinale e quando andò in Francia – cento scudi al Seminario <di Brescia>, da lui utilizzati per pagare le spese degli studi di Gambara; lascia mille scudi alla famiglia, il boccale d’argento alla Chiesa locale e alla sagrestia del duomo tutte le pianete, il pallio e le casule ricamate. Stabilisce inoltre di recuperare i suoi crediti dal banco di Bartolomeo de’ Signori e di vendere, secondo l’uso della Corte, la parte che non sarà utilizzata <per quanto da lui disposto>. Nomina quindi suoi eredi i poveri della città e del contado di <di Brescia>.

Copia [B], Venezia, Palazzo Mocenigo, Archivio Corner, Libro 40, fasc. 13 (non cartulato).

Il fascicolo che contiene il documento è così intestato: «1592, 12 genaro. Copia non autentica del testamento fatto in Brescia dall’illustrissimo et reverendissimo cardinale Francesco Morosini vescovo di quella città con il quale lascia li suoi beni laicali alli signori Agostin et Alvise suoi fratelli ugualmente e morendo l’uno vadi nell’altro e poi doppo di loro alli figlioli laici del signor Alvise, non havendone il suddetto signor Agostin né figlioli, né moglie; ordinando che detti beni resti sempre nella casa Morosina, non potendo quelli vendere, né in qualsivoglia modo alienar sottogiacendoli sotto legami di una strenuissima condizione. Commissario et essecutore del detto suo testamento nomina il signor Giovanni Battista Bernardo podestà di quella città».
Il documento è introdotto nel modo che segue: «Testamento del quondam illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Morosini Francisci».


testo originale []

Nel nome della santissima Trinità. Essendo convenientissimo a tutti gli huomini pensare al fine loro et con tutte le debite maniere provedergli, molto maggiormente ciò apartiene al vescovo <che> il più d'ogn'altro si deve tener obligato et avanti Dio et ad edificatione dell'anima alla sua cura comesse a disporre di tutto quello che risguarda l'ultimo fine della vita con miglior modo di buon essempio et sodisfatte che a lui sia possibile. Il che havendo io N(omen) molto ben considerato et desiderando di esseguire, vengo alla dechiaratione della mia ultima voluntà, supplicando la Divina autorità si degni accompagnar questa attione con la sua divina gratia, secondo la maggior gloria sua.
Primo dunque con quell'affetto che posso maggiore dono e raccomando l'anima mia al mio Redentore con la medesima parola del suo divino testamento: «In manus tuas <Domine> commendo spiritum meum», supplicandolo a riceverla come redenta co'l suo precioso sangue per l'intercessione della sua santissima Madre et di tutti li santi, pregando ancora caramente tutte le mie anime a porgermi aiuto co'i soffragii delle loro devote orationi.
Il mio corpo voglio che sia sepellito nella chiesa cathedrale nella rotonda verso il coro; et siano fatte celebrare molte messe et la maggior parte | alli altari privileggiati di questa cità.
Quanto a mei beni laicali io li lascio ugualmente a mei due fratelli il signor Agostino et il signor Alvise, con sostitutione del'uno a l'altro in caso di morte; quanto al goderli et dopo loro voglio che restino ai figlioli del signor Alvise, non havendo il signor Agostino né moglie né figlioli, escludendo pero totalmente i figlioli ecclesiastici.
Et perché essi mei fratelli potriano pretendere haver fatto qualche spesa per me, perciò li supplico restar contenti di questa mia dispositione et sodisfatti sopra l'entrate che verranno, se come anch'io dechiaro che non pretendo niente da loro(a).
Dechiaro et voglio che siano datti alle mie due sorelle trecento ducati venetiani per una in segno d'amore, quali si cavino dalle entrate de detti mei beni laicali; quali beni voglio et dechiaro che non possino mai uscire della casa nostra Morosina, né vendersi, né in qualsivoglia modo alienarsi sotto i più stretti legami che si sogliono fare nei beni condicionati.
Et occorendo per qualche accidente che si havesse a sborsare qualche somma di danari per interesse di questi beni, o per qualche scarico di conscienza, dechiaro che questo si faccia dell'entrate di detti beni, se ben non ho mancato di consultare molti padri pii, zelanti et virtuosi de quali ciascun mi ha aquetato la conscienza.
Et perché l'abbate di Zeno, mio nipote, mi ha donato quattro cavalli da cocchio voglio che li medesimi gli siano restituiti, come anco al signor | Alvise sia restituito un tapeto da tavola che mi donò della heredità di messer Andrea Drezo.
Et perché ho facoltà amplissima di testare, in modo che anco che non facessi testamento resto padrone di disporre dei frutti separati a solo et di più della guardarobba, biancaria, argentaria et di tutti li crediti, vengo anco a disponere che questi con desiderio di dar tutto ai poveri se non fossero i debiti a quali per conscienza conviene sodisfare.
Voglio dunque che siano pagati cinquemillia ducati venetiani, de lire sei et soldi quattro l'uno, alla eccellentissima Signoria di Venetia che con somma benignità mi prestò quando fui eletto cardinale; et altri ducati venetiani duemilla ai Balbiani che mi accomodorno per bisogno che haveva per prepararmi di andar in Franza.
Vogliamo che siano datti al Seminario scudi cento per le spese del Gambara, perché quando noi lo facessimo entrar in detto Seminario, attesa la sua molta povertà, per non metter disordine in Seminario promettesimo di pagar per lui.
Voglio che la mia famiglia sia vestita di duolo, secondo l'uso del vestir romano et di più voglio che fra di loro siano distribuiti mille scudi.
Per sodisfar alli sudetti debiti et legati, prima si vegga il fondo della cassa di messer Hieronimo Stersi(b) | et poi si faccia far inventario di tutte le supellettili et venderle all'incanto secondo l'uso della Corte.
Si faccia anco tirar in resto tutti i crediti che ho nel banco di Bartolameo de’ Signori; et perché havevo fatto far provisione abondante per il vivere di tutto l'anno, quella che non sarà consumata si venda secondo l'uso della Corte.
Dopo haver sodisfatto al sudetto, tutto il ressiduo tra o de’ danari, o de’ gioie o d'altro, vogliamo et dechiariamo che sia distribuito a poveri di questa cità, quali constituiriamo nostri heredi(c), et qualche cosetta ad alcuni poveri delle ville ne quali sono i beni di questo vescovato.
Vogliamo che il bacile et boccale d'argento, che secondo l'uso ordinario ci fu donato nell'ingresso nostro di questa Chiesa, sia anco restituito ad essa Chiesa, perché habbia servire perpetuis temporibus.
Et finalmente vogliamo che sia donato alla sacristia del domo tutte le pianete, paglio, casule ri<camate>.
Et per essecutore di questo mio testamento costituisco(d) il signor Giovanni Battista Bernardo, podestà di questa città.
Et questo a dì 12 genaro 1595.
Giovanni Francesco cardinale vescovo di Brescia.


(a) Et perché – loro a margine sinistro. (b) Lettura dubbia. (c) quali – eredi a margine sinistro con segno di richiamo. (d) Segue essecutore non depennato.