10 Dicembre, 2019
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DOLFIN, Giovanni - Testamento I

1610 febbraio 20, Venezia

Giovanni Dolfin, cardinale di Vicenza del titolo <presbiteriale> di San Marco, sano di mente e di corpo, nel nome della Vergine, di san Giovanni e san Marco suoi protettori rende noto il suo testamento, annullando ogni precedente disposizione in merito. Ordina che il suo corpo venga sepolto nella chiesa dei frati di San Michele di Murano in cui vuole che i suoi commissari facciano costruire, con una spesa di cinquecento ducati circa, un deposito nel muro vicino alla cappella di famiglia, partendo da terra fino ad un’altezza che loro stessi riterranno congrua; lascia ai frati della chiesa suddetta una rendita di mille ducati con l’obbligo di celebrare il funerale secondo determinate modalità, ogni anno una messa cantata il giorno dell’anniversario e altre tre messe settimanali pro anima sua, pena la revoca della rendita stessa; nel caso in cui dovesse morire a Roma, vuole che il funerale sia celebrato nella chiesa di San Marco, attenendosi alle consuete cerimonie stabilite per la morte dei cardinali, dopodiché il corpo sia trasferito a Murano; morendo a Venezia la pianeta ed il pallio «di telata d’oro et paonazzo» andrà ai frati di San Michele. Lascia alla chiesa di San Marco sopra nominata il pallio e la pianeta di tabi bianco con corde e merletti dorati, un messale ed un calice; tutto il resto dei paramenti in seta dorati alla sua cappella; alla cattedrale di Vicenza quattro candelieri e una croce d’argento, chiedendo ai canonici e ai sacerdoti della stessa di pregare pro anima sua; ai cappellani, al segretario e ai camerieri venti ducati e cinque a tutti gli altri: palafrenieri, speditori, dispensiere, cuochi e «carocieri»; cancella a suo fratello vescovo di Vicenza il debito che questi ha nei suoi confronti, con l’obbligo di pagare con quella somma le pensioni tanto a Roma, quanto a Venezia, e gli lascia altresì un forziere con diversi argenti «che servano per viaggi», sempre a condizione che paghi le pensioni di cui sopra; all’altro fratello Daniele Dolfin lascia vita natural durante trecento ducati all’anno che gli verranno consegnati per una metà dal «residuario» Giovanni Dolfin e per l’altra dal nipote Niccolò Dolfin, con la clausola che alla morte del detto Daniele, tale somma torni in possesso dei sunnominati nipoti Giovanni e Niccolò; a quest’ultimo lascia anche il possedimento di Pincara nel Polesine con tutte le fabbriche, affittato per novecentocinquanta ducati: possedimento che rimarrà suo e dei suoi eredi nati da legittimo matrimonio; morendo invece senza figli l’eredità dovrà passare all’altro nipote Giovanni Dolfin e ai suoi figli legittimi ed eventualmente a Benedetto Dolfin; al sacerdote Isepo Dolfin un bacile ed un boccale d’argento; ai signori Giuseppe, Niccolò, Giovanni, Giovan Battista, Daniele e Dionisio Dolfin figlio di Benedetto lascia una tantum cinquanta ducati ciascuno, senza che pretendano altro; a Caterinella moglie del nipote Giovanni Dolfin e a Belina Dolfin moglie del suddetto nipote Niccolò lascia ciascuna venticinque ducati all’anno vita natural durante; alle sorelle monache cinque ducati ciascuna vita natural durante; all’amico Ippolito Saraceni una coppa d’argento dorata. Di tutti i beni residui presenti e futuri, mobili di casa, argenti, ori, gioie, perle ed altro, compresi i crediti e le cedole, istituisce erede Giovanni Dolfin figlio di Andrea suo nipote, a condizione che paghi tutti i legati, le spese della sepoltura e i debiti e provveda a far vendere dai commissari tutto quanto è avanzato perché sia investito nei possedimenti del Polesine; lascia infine pro anima sua cinquanta ducati una tantum sia all’ospedale dei Santi Giovanni e Paolo che alla casa del soccorso di <Venezia>.


Originale [A], Archivio di Stato di Venezia, Notarile, Testamenti, not. Fabrizio Beaciani, b. 56, fasc. 71 (non cartulato).

Allegata al testamento è presente la nota dei debiti e crediti - da cui si ricava che l’utile a lui spettante ammonta a 25,930 ducati - sottoscritta con la segeuente dichiarazione: «Questa nota de debiti et crediti fata di mia mano sarà agiunta al mio testamento | per magior luce de commissarii et per magior servitio del mio residuario | il qual però sa penso che cossì li debiti come li crediti possono esser alte|rabili se haverò vita più longa. Voglio che in tutti i casi si habia a | contentar di quel residuo che si ritroverà alla mia morte senza che | mai possi pretender alcuna cossa dalli legatarii per occasione et accidente imaginabile et tanto basti. Io Gio(vanni) Dolfin card. di Vicenza cossì ordino et confermo per propria mano».

Trascrizione: F. Spina, Il cardinal Giovanni Dolfin (1545-1622) tra Venezia e Roma. Un'indagine documentaria, tesi di laurea, Sapienza Università di Roma, aa. 2010-2011., pp. 31-36.


testo originale []

+ Desiderando io Gioanni Dolfin cardinal di | Vicenza del titolo di San Marco ordinar quello | dover esser del mio corpo et della mia facultà | dopo la mia morte, rissolvo col nome del Spirito Santo et della gloriosa vergine Maria, | declamo col presento mio testamento | [scritto] di mia propria man[o ...]ima iacet l’anima | mia […] alla Santissima madre sua et a san Gio|[vanni] et san Marco miei pro[tetto]ri et a tutta la | [corte] celestial, ordino che il mio corpo sia | [sepolto] [n]ella chiesa di frati di San Michel di | [Murano], [do]ve desidero [sia] da monsignor reverendissimo vescovo | di Vicenza, dal chiarissimo signor Daniel Dolfin miei carissimi fratelli | et dal signor Zuane Dolfin mio nepote figlio del signor Andrea | et dal signor Nicolò Dolfin mio nepote figlio del signor Piero, | tutti quanti miei commissarii, sia fato far un depo|sito nel muro vicino alla capela di casa nostra che | comincia da tera et vadi alto quanto sarà nece|sario honestamente et di quella forma et modo che | parerà alla loro prudenza con spesa de ducati | cinquecento in circa. Di poi ordino che da | quello che haverà il residuo di mei beni sieno | investiti ducati mille da lire 6 soldi 4 per ducato et che | la rendita di essi sia in perpetuo delli detti | frati di San Michel, con o[bli]g[o] che ogni ano | habiano nel giorno della mia morte a dir una | [messa] cantata de morti et [poi] un funeral | per l'anima mea, facendo un [p]iccolo catafalco c[on o]tto torze che stiano acese fino al | compimento del funeral […..] ancora che | li detti padri habbino [obligo] di dir ogni | settimana tre messe per [.....] morti, per la | anima mia al loro al[tare] [pr]ivilegiato; et | non facendo le dette cosse restino privi dell'|utile del dito danaro qual andar debbia a quello | che haverà il residuo di mei beni; quanto | alle cerimonie et alla spesa per la mia sepul|tura, passo in tutto e per tutto la cura alli miei | commissarii se morirò a Venezia, pregandoli a non | far se non quello che comporta la dignità del cardinalato, | tenendosi nella mediocrità; et se per sorte | morirò a Roma, dichiaro che sia fata la cerimo|nia solita de cardinali nella chiesa del mio | titolo di San Marco; et nella medesima chiesa | ditenuto il corpo sino [che] li miei comissarii | a Venezia lo mandino a f[....] per sepelirlo dove | ho ordinato, cioè nella chiesa di San Michel di Murano; con d[echiarazio]ne che morendo a | Roma sia dato alla sacrestia di San Marco un | palio et una pianeta a sua eletione e | se morirò a Venezia sia dato alli frati di San | Michel la pianeta et il palio di telata d'oro | et paonazzo; anci dechiarandomi meglio | che morendo in ogni luoco dove si sia, voglio | che tutte due queste chiese habiano questi | palii et pianete come ho detto a don Antonio | mio coadiutore; overo a quello che sarà cauda|tario al tempo della mia morte lasso il palio | di tabì bianco et la pianeta del medesimo con | cordele et merleti d'oro et di più un messale | et un calice a sua eletione; tutto il resto | alla mia capella, cossì paramenti di setta | et d'oro, come quatro candelieri et una | croce d'argento ch'io adopero ordinaria[mente] lasso alla sacrestia della chiesa | di Vicenza, pregando li sacer|doti di tutte queste chiese a ricor|darsi di me nelle sue orazioni et nelli sui sacrifitii.
Voglio et ordino che tutti | quelli che s’atroverano in casa mia al mio | servitio al tempo della mia morte sieno | vestiti di rassa gotonata, secondo le loro | qualità et che alli gentilhomeni affiliati | che servano alla mia tavola, al secretario, | alli capelani, alli camerieri siano dati ducati | ventidue(a) et alli altri tutti cioè palafrenieri, | speditori, despensieri, cuoghi et carocieri | ducati cinque, per una volta, dovendo vestir tutte le | livree di pano et di veluto a quelli che le haverano.
Et perché tutte queste cosse | haverano bisogno di presta et fidel esecution, | prego l'eccellentissimo signor Antonio Veneto che sarà in | Roma al tempo della morte mia che per | carità si prendi cura di farle eseguir; | et dell'istesso prego l'illustrissimo signor abate Federico | Cornaro, chierico di camera, con questo | di più che si contentino far custodir tutti | li mobili di casa, tutti li argenti et altro | che si ritroverà et intendersi bene con li | miei commissarii di Venezia per aiutare la volontà | loro.
A monsignor vescovo di Vicenza mio fratello lasso | tutto il credito ch'io ho con lui, siché altro non | lo possi mai dimandar cossa alcuna, con obbligo | poi di pagar tutte le pensioni che si haverano | a pagar, cossì quelle di Roma come quella di | questa città di Venezia; et non le pagando, | quello che sarà mio residuario possi diman|darla minuto conto di quello mi resterà debitor | et farsi pagar.
Di più lasso al medesimo vescovo | un forciere con diversi argenti che servono | per viaggio che può importar cinque | fin seicento scudi, con la medesima condizione | se pagherà le pensioni sopradette et non | le pagando che questi argenti vadino al | residuario; né altro lasso perché lui resta | molto rico et io ho obligo proveder alli | altri.
Al signor signor Daniel Dolfin mio carissimo | fratello lasso ducati trecento all'ano da lire 6 soldi 4 | per ducato fino che vive, qualli le sieno dati | la mettà dal signor Zuane Dolfin mio residuario | et l'altra mettà dal signor Nicolò Dolfin mio | nepote al qual lasso la mia possession dal | Polesene et dopo la morte del detto signor Daniel | li detti ducati trecento ritornino alli sopradetti | miei nepoti, la mettà per uno.
Al signor abate Isepo Dolfin lasso un bacil et un | bocal d’argento a sua eletione et non altro | perché le ho dato tanti beni di Chiesa che può | viver nobilmente et spero se contenterà a scelta | come ha fatto sin d’hora che vedarò delle altri | et ne lasserò in tempo della mia | morte per somma de rolievo(b), pregandolo | esso ch’è sacerdote a pregar Dio per | l’anima mea nelli sui sacrificii et a | dirvi fino messe da morti che potrà.
Al signor Nicolò Dolfin mio nepote figlio del signor Pietro | lasso la mia possession della Pincara con tutte le | fabriche, affittata già per ducati novecento e cinquanta, | siché egli resti padron di essa con obligo di dar | al signor Daniel mio fratello ducati cento et cinquanta | all'ano fino che viverà, come ho detto di sopra; et doppo la morte del detto signor Daniel anco questi | ritornino in lui con conditione che detta posses|sione intenda sua et de sui figlioli nati | di legitimo matrimonio; et morendo senza figlioli vadi la deta | possession al signor Zuane Dolfin mio nepote so|pradeto illustrissimo et sui figlioli di legitimo matrimonio | se ne haverà; et non ne havendo manco questo | vadi alli figlioli che furno del signor Beneto Dolfin | et loro figlioli di legitimo matrimonio et di dona nobile da Venezia. Et lasso alli medesimi figlioli | cioè li signori Iseppo, Nicolò, Zuane, Giovan Battista, Daniel | et Dionisio Dolfin figlio del signor Benetto ducati cinquanta | per uno, per una volta tantum, qualli loro sieno dati | del mio residuo; et perché essi pretendono esser creditori da me di ducati trecento et uno, come mi | hano detto per certi conti vechi et io in mia coscien|za non so di haverli a dar cossa alcuna, anci so di | haver prestato assai volte molti danari a suo padre | et a loro in tempo de gran bisogno; tuttavia prego | li miei commissarii et il mio residuario in particolar | a veder diligentemente detti conti et se retrove|rano ch'io sia debitor, che però non posso creder, far|gleli dar, quando avanti la mia morte non habbia | ultimato questo conto.
Alla signora Catarinela moglie | del signor Zuane Dolfin [mio] nepote lasso ducati venticinque | all'ano fino che lei et suo marito viverà et questi | doverano esser cavati dal residuo alla signora Paolina | Dolfin mia cognata moglie che fu del signor Pietro mio | fratello; et alla signora Belina Dolfin moglie del signor Nicolò | mio nipote lasso parimenti ducati venticinque per una all'ano mentre viverano esse et il deto | signor Nicolò et questi che sieno cavati dalle entrate | della possessione della Pincara.
A mie sorele | monache lasso ducati cinque per una all'ano mentre viverano et sieno cavati del residuo; | alle altre mie sorele vedove lasso il mio amor | poiché non hano bisogno del mio et so’ certo che | tutte si contenterano pregar Dio per l'anima mia. |
Al signor Ipolito Saraceni antico et sincero | amico di tutta questa casa lasso una copa | d'argento indorata a sua eletione per segno | di amor et per testimonio del suo merito con | tutti noi.
Il residuo veramente de tutti li miei | beni presenti et futuri, mobili di casa, argenti, ori, | gioglie, perle et altro che mi ritrovo haver, | compresi tutti li crediti et le ravele, | instituisco et voglio che sia mio herede il signor Zuane | Dolfin figlio del signor Andrea mio nipote; con conditione | espressa ch'egli habbi a pagar tutti li legati, la | spesa della sepultura et tutti li debiti che vi | sarano al tempo della mia morte et con conditione | ancora che quello che sopravancerà habbia ad esser | venduto quanto prima dalli miei comissarii et investito | il danaro in tute possessioni nel Polesene, | dovendo egli goder in vita sua tutte l’entrate | dalli ducati centocinquanta in poi che lasso al signor | Daniel mio fratello finché viverà, come ho detto di sopra; | et dopo la sua morte ritornino al detto signor Zuane | et habino ad esser cossì questi come li altri | di esso signor Zuane et sui figlioli di legittimo matri|monio et di dona nobile se ne haverà; et non ne havendo voglio che sieno del signor Nicolò Dolfin | figlio del signor Pietro et sui figlioli nati come di sopra | se ne haverà; et mancando anco egli senza | figlioli voglio che vadino alli figlioli del quondam | chiarissimo signor Benetto mio fratello et loro figlioli nati di | legitimo matrimonio et di dona nobile, ordinando | di più che il detto signor Zuane mio residuario sia obligato dar ogni ano a mie sorele monache | fino che viverano ducati sei per una; et perché | egli conosca che se ben lasso la possessione della | Pincara al signor Nicolò egli resterà con buona | somma di capitale et con buona entrata doppo | investito.
Io ponerò qui agiunto in carta tutti li | miei crediti con li debiti asieme et tutta | la roba che mi ritrovo in esser.
Lasso all'ospital di San Giovanni e Paulo ducati cinquanta per | una volta tanto et altri ducati cinquanta per una volta | parimente alla Casa del soccorso di questa | città, acciò nell'uno e nell'altro luoco quei signori governatori facciano pregar Dio per l'anima mia.
Né altro voglio ordinar, cassando rivocando | et annullando tutti et cadauno altro testamento | fatti fino al presente, cossì di mia mano come | di publico nodaro, volendo che questo preva|glia a tutti gli altri et che sia la mia ultima | volontà sia hora. Et per maggior espression | della verità replico che tutto questo testamento | l'ho scrito di mia propria mano et di mia | propria mano sarà sotoscrito et sigilato del mio sigillo.
Dato in Venezia alli 20 febraro 1610.
Io Gio(vanni) Dolfin cardinal di Vicenza ho di mia mano | scritto et sotoscrito il presente testamento.


(a) – due, lettura peraltro assai dubbia, riscritto parzialmente su altro, in interlineo con segno di richiamo. (b) Così nel testo, come sembra.